martedì, gennaio 22, 2008

La Vida Que Vendrà 15/12/06



RESOCONTO DELLA CONFERENZA SULL’AMERICA LATINA TENUTASI IL 14 DICEMBRE 2006 NELLA FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE DELL’UNIVERSITA’ ”ROMA TRE”

La vida que vendrà Ospiti presenti:

Josè Antonio Noriega, capo ufficio stampa dall’ambasciata di Cuba

Luìs Montiel, consigliere politico dell’ambasciata del Venezuela

Geraldina Colotti, giornalista de “Il Manifesto”

Fabio Marcelli, osservatore internazionale alle elezioni venezuelane del 2006

Trascriviamo solamente gli interventi dei rappresentanti delle ambasciate:

Josè Antonio Noriega, capo ufficio stampa dall’ambasciata di Cuba

La via per superare quello che oggi viene chiamato neoliberalismo è l’applicazione della giustizia sociale in tutte le parti del mondo. Questo è quello che speriamo si continui a sviluppare nell’America Latina. La rivoluzione cubana è costantemente minacciata dagli Stati Uniti e da molte nazioni che appoggiano l’embargo, vorrei ricordare come l’unico paese che non ruppe le relazioni economiche con Cuba dopo la rivoluzione fu il Messico. Sono attive operazioni di controrivoluzione e guerriglia attivata a fomentata con aerei e armamenti statunitensi. Come ci si contrappone ad azioni di questo tipo? Con il popolo. E con la giustizia sociale. Se tutto un popolo si assume la responsabilità di portare avanti la propria rivoluzione è possibile uscire da qualsiasi crisi economica. E quella in cui sanzioni ed embargo hanno costretto Cuba era molto pesante. C’è sicuramente stato all’epoca, ed è da sottolineare, l’aiuto disinteressato da parte dei paesi socialisti che si opponevano agli Stati Uniti, ma l’importante è che l’intera popolazione abbia a mente gli obiettivi da perseguire per il conseguimento della giustizia sociale: l’alfabetizzazione, la sanità per tutti, lo sviluppo scientifico. Quest’ultimo è necessario per lo sviluppo dell’essere umano. Con lo sviluppo di ogni essere umano si può avere lo sviluppo di un paese. E con lo sviluppo di ogni paese è possibile migliorare questo mondo.


Cuba e lo sviluppo sociale

Ad esempio Cuba contribuisce con 600 mila medici e maestri al miglioramento della sanità e dell’istruzione in paesi dell’America Latina e dell’Africa. Questa è per noi una grande soddisfazione e sottolinea l’importanza del capitale umano di un paese, che raramente viene considerato alla pari di quello economico. La caratteristica fondamentale è la solidarietà tra i popoli che deve essere posta al primo posto. Su questa si basa il socialismo del 2000. Un altro esempio è il metodo “Yo si puedo”, con il quale Cuba ha aiutato a recuperare circa 2 milioni di analfabeti dei 771 milioni stimati dall'UNESCO nel mondo, secondo quanto è stato reso noto in un seminario internazionale dedicato al tema. Questo “gioco di squadra tra i popoli” per Cuba è sempre valido, a partire dal Granma, per proseguire con la rivoluzione.


Cuba e Latinoamerica



E’ necessario per questo stimolare il risveglio di popoli che sono stati oppressi da una propaganda neoliberalista a senso unico. Popoli che hanno capito come la realtà che veniva loro imposta provocava solamente un impoverimento ed un peggioramento delle proprie condizioni di vita. Per questo devono servire d’esempio le rivoluzioni di Venezuela e Bolivia. E altri popoli stanno seguendo quest’esempio, come in Ecuador ed in Nicaragua. L’America Latina deve essere una nuova tappa di grandi speranze e l’esempio non devono darlo i governanti, ma i popoli.


Relazioni Cuba-Usa e “dopo Fidel”

Cuba ha sempre tentato di migliorare le relazioni con gli Stati Uniti, ma le risposte sono sempre state negative. Pubblicamente Cuba ha sottolineato che non ha problemi ad aprire un negoziato, in quanto i dissensi sono con il governo USA, non con il popolo degli Stati Uniti. E’ chiaro che alla base di qualsiasi negoziato è necessario il riconoscimento a Cuba della propria sovranità e della non ingerenza da parte statunitense negli affari interni cubani.

Quando Fidel Castro non sarà più il Presidente di Cuba il Partito comunista cubano si riunirà e deciderà come procedere.



Luìs Montiel, consigliere politico dell’ambasciata del Venezuela

Sono passati ormai sette anni dalla rivoluzione bolivariana in Venezuela. C’è stato un grande sforzo in questi anni per un cambiamento radicale sia per quanto riguarda la politica interna che la politica internazionale del paese.


Politica interna

Per quanto riguarda l’ambito interno lo sforzo profuso è stato nella modificazione della legislazione, nella scrittura e approvazione della nuova Costituzione, nell’elaborazione di un nuovo pensiero costituzionale. Quest’ultimo è stato uno sforzo grandissimo, la ricerca di nuovi lineamenti strategici per la Costituzione, lineamenti fondati su un nuovo tipo di organizzazione sociale; scelte basate sul contrasto alla politica neoliberale promossa dall’imperialismo statunitense in latinoamerica che si basa sull’individualismo.

Noi cerchiamo di contrapporci a questa visione del mondo, fondando l’organizzazione sociale sui diritti umani e sulla promozione dei diritti umani nel mondo. In ambito economico è necessario riordinare la produzione per dare una vera capacità di autodeterminazione al Venezuela, cercando di eliminare quegli elementi che rendono il paese dipendente da fattori esterni. E’ necessaria l’interdipendenza tra i paesi, ma deve restare un punto cardine la sovranità nazionale di ognuno.


In Venezuela è necessario uno scambio di risorse in ambito territoriale, basato su una redistribuzione della popolazione. C’è infatti l’ottanta percento della popolazione che abita le zone costiere e molte zone del paese sono scarsamente popolate. Inoltre c’è una fortissima emigrazione dalle campagne alle città. Si cerca di arginare questo fenomeno con strategie a lungo termine, che consistono nella distribuzione delle terre ai contadini, in operazioni di microcredito e nello sviluppo di tecnologie per il lavoro nei campi. Inoltre verranno incrementate le infrastrutture, in particolare le vie di comunicazione (le reti ferroviarie principalmente) e verranno sviluppate nei territori lontani dalle grandi città opere di educazione, salute e ricreazione, che permetteranno agli abitanti delle campagne di rimanere nei loro luoghi di nascita.



Politica internazionale

Per la politica internazionale il Venezuela si pone in contrasto con l’egemonia dell’imperialismo, in qualsiasi forma esso si presenti. Propone un mondo multipolare, nel quale sviluppare proposte di integrazione tra i vari paesi che non si fondano sulle relazioni presenti nell’ambiente capitalista mondiale, ma su una nuova forma di relazione basata sull’uomo e sulla donna e sullo scambio tra i popoli non esclusivamente economico. E’ questo il grande sogno della rivoluzione bolivariana.


Integrazione tra i paesi latinoamericani

L’integrazione tra i paesi latinoamericani non deve essere vista solo con un’angolazione di tipo commerciale. Ad esempio secondo il Venezuela la produzione e la vendita del petrolio non è un fatto esclusivamente economico. L’integrazione deve essere concepita alla luce di uno “scambio di potenzialità” tra i paesi, scambio che contiene il capitale umano, le tecnologie e le strutture sociali. Gli scambi devono avvenire attraverso prezzi e accordi che tengano conto delle economie dei diversi paesi, con modalità di credito o pagamenti dilazionati. La politica rivoluzionaria bolivariana deve essere una novità rispetto all’economia capitalista concepita in America Latina fino ad ora. E’ necessaria la costruzione di nuove organizzazioni di integrazione economica alternative all’ALCA (Área de Libre Comercio de las Américas). E’ stata quindi costituita l’ALBA (Alternativa Bolivariana para América Latina y el Caribe) che pone come fondamento le relazioni sociali, culturali, economiche, accademiche e politiche tra i paesi. Ha un profondo contenuto politico, in quanto l’integrazione economica tra i paesi avviene attraverso fondi compensatori che servono ad aiutare le economie dei paesi più in difficoltà. Si contrappone inoltre allo strapotere dell’Organizzazione mondiale del commercio, che lavora per la proprietà intellettuale, una nefandezza che sta limitando l’accesso ai farmaci, anche quelli di base, ai paesi meno sviluppati.

Per quanto riguarda il petrolio è stato sviluppata la PETROSUR, e per quanto riguarda l’integrazione monetaria e tra i mercati la MERCOSUR. E’ importante far conoscere anche un nuovo tipo di integrazione che stiamo sviluppando in America Latina, nell’ambito della comunicazione con TELESUR, che è terreno di scambio di sapere e cultura tra i popoli.

Posso inoltre dare enfasi ad un esempio di integrazione che è quello tra Cuba e Venezuela. E’ un esempio di nuova cooperazione tra i paesi. Esistono missioni per la salute, l’educazione (Robinson 1 e 2), alfabetizzazione e università, sport. E’ un’integrazione non solo economica, ma basata sulla solidarietà tra i popoli.

Il problema principale per l’integrazione tra i paesi latinoamericani è innanzitutto la loro dipendenza dagli Stati Uniti, infatti il forte debito pubblico permette alle oligarchie capitaliste di esercitare pressioni sui gruppi politici dei paesi sudamericani. Per questo è necessario uno sviluppo economico alternativo all’ALCA.

Purtroppo le frontiere tra i paesi sudamericani sono più di tipo politico che tra i popoli, visto che questi condividono e rispettano tutte le diversità sociali, produttive e interne dei paesi.


Università

La politica universitaria in Venezuela mira a decentralizzare l’educazione verso le province in cui risiedono le comunità più povere. Si cerca di applicare la conoscenza al modo di produzione della zona in cui si vive, per dare allo studente la capacità di formarsi nel luogo dove vive per evitare che la conoscenza sia una esclusiva delle città. In questo modo si vuole evitare che le persone che hanno conoscenze di tipo universitario sfruttino quelle che non ne hanno e che si crei un meccanismo in cui le persone più ricche e colte utilizzino le persone meno abbienti come manodopera a basso costo. C’è di base un nuovo concetto di cooperazione, microimprese ed una nuova forma di organizzazione e produzione economica. L’istituzione di proprietà collettive e la possibilità per tutti gli studenti di accedere ad un salario. L’organizzazione universitaria e dell’educazione è sancita nella Costituzione.

Inoltre si cerca di stimolare i nuovi modi di produzione interna: il Venezuela dipende ancora per l’ottanta percento da alimenti importati dall’estero. La formazione universitaria dovrebbe permettere al paese un utilizzo migliore delle risorse per evitare questa dipendenza forzata. La formazione collegata quindi alla sovranità nazionale.


La conoscenza non deve essere importata, ma deve possedere elementi di cultura ancestrale, conoscenza della storia e del passato e studio dei mezzi naturali. Non deve essere una conoscenza già determinata, ma da sviluppare. Inoltre la formazione e l’educazione devono rientrare nell’integrazione con gli altri paesi latinoamericani.



Espropriazione delle terre

La parola “espropriazione” dà un senso di violenza e abuso di potere. Non utilizzerei questa parola per quello che accade oggi in Venezuela. Molte imprese muoiono per problemi legati alla concorrenza capitalista del mercato, altre vengono abbandonate dai proprietari per futili motivi o perché non hanno più voglia di lavorare. In questi casi i lavoratori si trovano a perdere il loro unico sostentamento. Il governo allora decide senza alcun abuso di potere di recuperare le imprese e porle sotto gestione collettiva dei lavoratori. Non è quindi una espropriazione, ma un riordino delle proprietà, che da privata diventa collettiva. Questo accade quando fallisce per i motivi suddetti la proprietà privata.

Inoltre c’è una legge che è stata approvata dal popolo con un referendum, che si chiama “legge delle terre, della pesca e dell’agricoltura”. Secondo questa legge le terre dei capitalisti che non vengono utilizzate possono essere di massimo 5000 ettari. Non è possibile possedere terre non produttive. Le terre che dopo questa legge sono state recuperate sono state distribuite ai contadini venezuelani, insieme a materiale tecnologico per la coltivazione e a una possibilità facilitata di credito. Questa secondo noi è la redistribuzione delle terre.


Un altro mondo è possibile

Un altro mondo è possibile quando gli esseri umani si ritengono esseri sociali e capiscono che ci sono differenze tra gli uomini che non sono naturali. La concezione della dipendenza o del dominio di un essere umano sull’altro non è una cosa naturale. Non deve esistere tra gli uomini il concetto che il più forte mangia il più debole. Ogni essere umano deve avere gli stessi diritti e le stesse garanzie.

Ci deve essere quindi una tendenza a ripensare il nostro mondo, e ricostruirlo su nuove e solide basi, che sono quelle dell’uguaglianza, della solidarietà e del mutuo rispetto.

Ho viaggiato in molte parti del mondo quest’anno, e ho potuto ammirare delle meraviglie che il genio umano è riuscito a creare. Ho visto le piramidi, la torre Eiffel, Machu Picchu, il Colosseo. Ma l’uomo deve imparare a sviluppare il suo genio per eliminare la povertà, la fame, e le barriere d’accesso all’educazione, alla salute e al lavoro per tutte le persone. Questi sono ostacoli non naturali che abbiamo prodotto. E se riusciamo a costruire monumenti e meraviglie in ogni parte del pianeta, dobbiamo riuscire anche a dare un nuovo impulso per sconfiggere questi prodotti di disuguaglianza e ingiustizia. Solo così potremo dare all’essere umano un nuovo senso della vita su questa Terra.



Un altro mondo è possibile.

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