martedì, gennaio 22, 2008

Ciclo di film anti-clericali

La Mafia Esiste 15/12/05



La Mafia [non] esiste

La minimizzazione del fenomeno mafioso:

Nella relazione finale della Commissione d'inchiesta Franchetti-Sonnino del lontano 1875/76 si legge che «la mafia non è un'associazione che abbia forme stabili e organismi speciali... Non ha statuti, non ha compartecipazioni di lucro, non tiene riunioni, non ha capi riconosciuti, se non i più forti ed i più abili; ma è piuttosto lo sviluppo ed il perfezionamento della prepotenza diretta ad ogni scopo di male». Si legge ancora: «Questa forma criminosa, non... specialissima della Sicilia», esercita «sopra tutte queste varietà di reati»...«una grande influenza» imprimendo «a tutti quel carattere speciale che distingue dalle altre la criminalità siciliana e senza la quale molti reati o non si commetterebbero o lascerebbero scoprirne gli autori». Buscetta: “Per me la Mafia era tutto: era lo strumento per fare acquistare dignità e orgoglio all’uomo calpestato, alle vittime delle angherie dei ricchi e dei malfattori. Era una lama tagliente, micidiale, inflessibile, che accanto all’onestà e all’onore posava su un altro pilastro: quello dell’obbligo assoluto al silenzio e alla segretezza.” Silenzio e segretezza. Nell'immediato dopoguerra e fino ai tragici fatti di sangue della prima guerra di mafia degli anni 1962/1963 gli organismi responsabili ed i mezzi di informazione sembrano fare a gara per minimizzare il fenomeno. Al riguardo, appaiono significativi i discorsi di inaugurazione dell'anno giudiziario pronunciati dai Procuratori Generali di Palermo. Così, nella relazione del 1956 si legge che il fenomeno della delinquenza associata è scomparso e, in quella del 1957, si accenna appena a delitti di sangue da scrivere, si dice ad «opposti gruppi di delinquenti».

Minimizzazione e mimetizzazione:

Cosa Nostra non spara, meglio non spara tanto. La diminuzione, presunta, degli omicidi di Mafia negli ultimi dieci anni hanno illuso alcuni che il fenomeno malavitoso siciliano poco alla volta si stia estinguendo.Gli attentati, le intimidazioni, segnalano incrinature difficoltà in seno a Cosa Nostra.Il silenzio mafioso è sintomo quindi di consolidamento, forza, potenza.Si spara per risolvere, quando non si spara probabilmente è tutto apposto.Senza sangue, omicidi, attentati la Mafia non si vede; i media non potendo filmare le estorsioni, le intimidazioni non ne parlano. Senza immagini, senza sangue non c’è notizia.La Mafia si mimetizza; sbuca fuori dalle pagine 15 e 16 dei giornali siciliani; trafiletti e qualche foto di qualche pesce piccolo arrestato.E invece è lì viscida, melliflua pronta a succhiare.

Mafia e Istituzioni:

Come è potuto accadere che una organizzazione criminale come la mafia anziché avviarsi al tramonto, in correlazione col miglioramento delle condizioni di vita e del funzionamento complessivo delle istituzioni, abbia, invece, accresciuto la sua virulenza e la sua pericolosità?Come diceva Falcone: “è proprio la particolare capacità della mafia di modellare con prontezza ed elasticità i valori arcaici alle mutevoli esigenze dei tempi costituisce una della ragioni più profonde della forza di tale consorteria, che la rende tanto diversa.”Buscetta: “Cosa Nostra non ha colore sceglie secondo la convenienza del momento”.Da Genco Russo a David Costa, deputato regionale Udc arrestato, sembra tuttavia che la malavita peschi sempre lì, in mezzo, nel centro.Le strade siciliane di contro continuano ad essere lastricate col sangue dei comunisti, dei sindacalisti, dei contadini che non si sono piegati, che sono morti in piedi.Placido Rizzato, segretario della Camera del Lavoro di Corleone, occupava le terre dei mafiosi.Accursio Miraglia, dirigente sindacale comunista morto per difendere i contadini.Santi Milisenna, Andrea Raia, Agostino D’Alessandro, Giuseppe Scalia, Giuseppe Puntarello, Epifanio Li Puma, Calogero Cangelosi fino ai Giuseppe Impastato e Pio La Torre, sindaci, funzionari, segretari di sezione, sindacalisti che insieme alle istituzioni, magistrati, carabinieri, poliziotti hanno pagato con la vita il loro impegno per il Sud, per la Sicilia.

La legge La Torre:

Il grande lascito politico del segretario regionale del Pci siciliano Pio La Torre, la legge Rognoni-La Torre, che consente da oltre vent’anni di aggredire le ricchezze accumulate dalle mafie nel nostro Paese, è in pericolo. Se dovesse essere approvato, infatti, quanto previsto dal comma 1 lettera “m” dell’art. 3 del disegno di legge AC 5362 tutti i beni confiscati (dai terreni coltivati da coraggiose cooperative di giovani agli immobili trasformati in sedi di servizi sociali o in caserme delle forze dell’ordine, solo per fare alcuni esempi) finirebbero in un limbo di assoluta incertezza.Ecco il Governo odierno. La puntata di Blu Notte sulla Mafia del 24.04 04 censurata perché violava le norme sulla par-condicio!!Dava fastidio a qualcuno? No, a chi può mai dar fastidio la Mafia, con la Mafia si convive.Vero Lunardi? Con la Mafia convivici tu, noi stiamo e staremo sempre dalla parte dei Rosario Crocetta.

Pianeti Lavoro 17/04/2006



I Collettivi Universitari Roma Tre promuovono
Martedì 17 Aprile
Facoltà di Scienze Politiche Roma Tre - via Chiabrera 199
"Pianeti Lavoro"
h.15.30 Proiezione Videoinchiesta "Dimmi dove lavoro"
h.16 Tavola rotonda
Partecipano:
Gianni Pagliarini - Presidente Commissione Lavoro Camera dei Deputati
- La precarietà del lavoro e della vita: le soluzione legislative possibili -
Riccardo Bellofiore - Economista Università di Bergamo
- Tendenze del Capitalismo contemporaneo e destrutturazione del lavoro -
Giorgio Cremaschi - Segretario Nazionale FIOM
- Il sindacato dei metalmeccanici tra passato, presente e futuro -
Sandro Gobetti - assessorato lavoro Regione Lazio
- Roma e il Lazio: fabbriche di precarietà. Per un nuovo welfare state -
h.19.30 Aperitivo Sociale con selezione Elettro-rock
dalle 22 Festa - Reggae Dancehall
Roots and Rocksteady Beats with Uprising Sound Sistem Feat. Marcos_Dutrabros
Saletta percettiva - Mostra Fotografica

La Vida Que Vendrà 15/12/06



RESOCONTO DELLA CONFERENZA SULL’AMERICA LATINA TENUTASI IL 14 DICEMBRE 2006 NELLA FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE DELL’UNIVERSITA’ ”ROMA TRE”

La vida que vendrà Ospiti presenti:

Josè Antonio Noriega, capo ufficio stampa dall’ambasciata di Cuba

Luìs Montiel, consigliere politico dell’ambasciata del Venezuela

Geraldina Colotti, giornalista de “Il Manifesto”

Fabio Marcelli, osservatore internazionale alle elezioni venezuelane del 2006

Trascriviamo solamente gli interventi dei rappresentanti delle ambasciate:

Josè Antonio Noriega, capo ufficio stampa dall’ambasciata di Cuba

La via per superare quello che oggi viene chiamato neoliberalismo è l’applicazione della giustizia sociale in tutte le parti del mondo. Questo è quello che speriamo si continui a sviluppare nell’America Latina. La rivoluzione cubana è costantemente minacciata dagli Stati Uniti e da molte nazioni che appoggiano l’embargo, vorrei ricordare come l’unico paese che non ruppe le relazioni economiche con Cuba dopo la rivoluzione fu il Messico. Sono attive operazioni di controrivoluzione e guerriglia attivata a fomentata con aerei e armamenti statunitensi. Come ci si contrappone ad azioni di questo tipo? Con il popolo. E con la giustizia sociale. Se tutto un popolo si assume la responsabilità di portare avanti la propria rivoluzione è possibile uscire da qualsiasi crisi economica. E quella in cui sanzioni ed embargo hanno costretto Cuba era molto pesante. C’è sicuramente stato all’epoca, ed è da sottolineare, l’aiuto disinteressato da parte dei paesi socialisti che si opponevano agli Stati Uniti, ma l’importante è che l’intera popolazione abbia a mente gli obiettivi da perseguire per il conseguimento della giustizia sociale: l’alfabetizzazione, la sanità per tutti, lo sviluppo scientifico. Quest’ultimo è necessario per lo sviluppo dell’essere umano. Con lo sviluppo di ogni essere umano si può avere lo sviluppo di un paese. E con lo sviluppo di ogni paese è possibile migliorare questo mondo.


Cuba e lo sviluppo sociale

Ad esempio Cuba contribuisce con 600 mila medici e maestri al miglioramento della sanità e dell’istruzione in paesi dell’America Latina e dell’Africa. Questa è per noi una grande soddisfazione e sottolinea l’importanza del capitale umano di un paese, che raramente viene considerato alla pari di quello economico. La caratteristica fondamentale è la solidarietà tra i popoli che deve essere posta al primo posto. Su questa si basa il socialismo del 2000. Un altro esempio è il metodo “Yo si puedo”, con il quale Cuba ha aiutato a recuperare circa 2 milioni di analfabeti dei 771 milioni stimati dall'UNESCO nel mondo, secondo quanto è stato reso noto in un seminario internazionale dedicato al tema. Questo “gioco di squadra tra i popoli” per Cuba è sempre valido, a partire dal Granma, per proseguire con la rivoluzione.


Cuba e Latinoamerica



E’ necessario per questo stimolare il risveglio di popoli che sono stati oppressi da una propaganda neoliberalista a senso unico. Popoli che hanno capito come la realtà che veniva loro imposta provocava solamente un impoverimento ed un peggioramento delle proprie condizioni di vita. Per questo devono servire d’esempio le rivoluzioni di Venezuela e Bolivia. E altri popoli stanno seguendo quest’esempio, come in Ecuador ed in Nicaragua. L’America Latina deve essere una nuova tappa di grandi speranze e l’esempio non devono darlo i governanti, ma i popoli.


Relazioni Cuba-Usa e “dopo Fidel”

Cuba ha sempre tentato di migliorare le relazioni con gli Stati Uniti, ma le risposte sono sempre state negative. Pubblicamente Cuba ha sottolineato che non ha problemi ad aprire un negoziato, in quanto i dissensi sono con il governo USA, non con il popolo degli Stati Uniti. E’ chiaro che alla base di qualsiasi negoziato è necessario il riconoscimento a Cuba della propria sovranità e della non ingerenza da parte statunitense negli affari interni cubani.

Quando Fidel Castro non sarà più il Presidente di Cuba il Partito comunista cubano si riunirà e deciderà come procedere.



Luìs Montiel, consigliere politico dell’ambasciata del Venezuela

Sono passati ormai sette anni dalla rivoluzione bolivariana in Venezuela. C’è stato un grande sforzo in questi anni per un cambiamento radicale sia per quanto riguarda la politica interna che la politica internazionale del paese.


Politica interna

Per quanto riguarda l’ambito interno lo sforzo profuso è stato nella modificazione della legislazione, nella scrittura e approvazione della nuova Costituzione, nell’elaborazione di un nuovo pensiero costituzionale. Quest’ultimo è stato uno sforzo grandissimo, la ricerca di nuovi lineamenti strategici per la Costituzione, lineamenti fondati su un nuovo tipo di organizzazione sociale; scelte basate sul contrasto alla politica neoliberale promossa dall’imperialismo statunitense in latinoamerica che si basa sull’individualismo.

Noi cerchiamo di contrapporci a questa visione del mondo, fondando l’organizzazione sociale sui diritti umani e sulla promozione dei diritti umani nel mondo. In ambito economico è necessario riordinare la produzione per dare una vera capacità di autodeterminazione al Venezuela, cercando di eliminare quegli elementi che rendono il paese dipendente da fattori esterni. E’ necessaria l’interdipendenza tra i paesi, ma deve restare un punto cardine la sovranità nazionale di ognuno.


In Venezuela è necessario uno scambio di risorse in ambito territoriale, basato su una redistribuzione della popolazione. C’è infatti l’ottanta percento della popolazione che abita le zone costiere e molte zone del paese sono scarsamente popolate. Inoltre c’è una fortissima emigrazione dalle campagne alle città. Si cerca di arginare questo fenomeno con strategie a lungo termine, che consistono nella distribuzione delle terre ai contadini, in operazioni di microcredito e nello sviluppo di tecnologie per il lavoro nei campi. Inoltre verranno incrementate le infrastrutture, in particolare le vie di comunicazione (le reti ferroviarie principalmente) e verranno sviluppate nei territori lontani dalle grandi città opere di educazione, salute e ricreazione, che permetteranno agli abitanti delle campagne di rimanere nei loro luoghi di nascita.



Politica internazionale

Per la politica internazionale il Venezuela si pone in contrasto con l’egemonia dell’imperialismo, in qualsiasi forma esso si presenti. Propone un mondo multipolare, nel quale sviluppare proposte di integrazione tra i vari paesi che non si fondano sulle relazioni presenti nell’ambiente capitalista mondiale, ma su una nuova forma di relazione basata sull’uomo e sulla donna e sullo scambio tra i popoli non esclusivamente economico. E’ questo il grande sogno della rivoluzione bolivariana.


Integrazione tra i paesi latinoamericani

L’integrazione tra i paesi latinoamericani non deve essere vista solo con un’angolazione di tipo commerciale. Ad esempio secondo il Venezuela la produzione e la vendita del petrolio non è un fatto esclusivamente economico. L’integrazione deve essere concepita alla luce di uno “scambio di potenzialità” tra i paesi, scambio che contiene il capitale umano, le tecnologie e le strutture sociali. Gli scambi devono avvenire attraverso prezzi e accordi che tengano conto delle economie dei diversi paesi, con modalità di credito o pagamenti dilazionati. La politica rivoluzionaria bolivariana deve essere una novità rispetto all’economia capitalista concepita in America Latina fino ad ora. E’ necessaria la costruzione di nuove organizzazioni di integrazione economica alternative all’ALCA (Área de Libre Comercio de las Américas). E’ stata quindi costituita l’ALBA (Alternativa Bolivariana para América Latina y el Caribe) che pone come fondamento le relazioni sociali, culturali, economiche, accademiche e politiche tra i paesi. Ha un profondo contenuto politico, in quanto l’integrazione economica tra i paesi avviene attraverso fondi compensatori che servono ad aiutare le economie dei paesi più in difficoltà. Si contrappone inoltre allo strapotere dell’Organizzazione mondiale del commercio, che lavora per la proprietà intellettuale, una nefandezza che sta limitando l’accesso ai farmaci, anche quelli di base, ai paesi meno sviluppati.

Per quanto riguarda il petrolio è stato sviluppata la PETROSUR, e per quanto riguarda l’integrazione monetaria e tra i mercati la MERCOSUR. E’ importante far conoscere anche un nuovo tipo di integrazione che stiamo sviluppando in America Latina, nell’ambito della comunicazione con TELESUR, che è terreno di scambio di sapere e cultura tra i popoli.

Posso inoltre dare enfasi ad un esempio di integrazione che è quello tra Cuba e Venezuela. E’ un esempio di nuova cooperazione tra i paesi. Esistono missioni per la salute, l’educazione (Robinson 1 e 2), alfabetizzazione e università, sport. E’ un’integrazione non solo economica, ma basata sulla solidarietà tra i popoli.

Il problema principale per l’integrazione tra i paesi latinoamericani è innanzitutto la loro dipendenza dagli Stati Uniti, infatti il forte debito pubblico permette alle oligarchie capitaliste di esercitare pressioni sui gruppi politici dei paesi sudamericani. Per questo è necessario uno sviluppo economico alternativo all’ALCA.

Purtroppo le frontiere tra i paesi sudamericani sono più di tipo politico che tra i popoli, visto che questi condividono e rispettano tutte le diversità sociali, produttive e interne dei paesi.


Università

La politica universitaria in Venezuela mira a decentralizzare l’educazione verso le province in cui risiedono le comunità più povere. Si cerca di applicare la conoscenza al modo di produzione della zona in cui si vive, per dare allo studente la capacità di formarsi nel luogo dove vive per evitare che la conoscenza sia una esclusiva delle città. In questo modo si vuole evitare che le persone che hanno conoscenze di tipo universitario sfruttino quelle che non ne hanno e che si crei un meccanismo in cui le persone più ricche e colte utilizzino le persone meno abbienti come manodopera a basso costo. C’è di base un nuovo concetto di cooperazione, microimprese ed una nuova forma di organizzazione e produzione economica. L’istituzione di proprietà collettive e la possibilità per tutti gli studenti di accedere ad un salario. L’organizzazione universitaria e dell’educazione è sancita nella Costituzione.

Inoltre si cerca di stimolare i nuovi modi di produzione interna: il Venezuela dipende ancora per l’ottanta percento da alimenti importati dall’estero. La formazione universitaria dovrebbe permettere al paese un utilizzo migliore delle risorse per evitare questa dipendenza forzata. La formazione collegata quindi alla sovranità nazionale.


La conoscenza non deve essere importata, ma deve possedere elementi di cultura ancestrale, conoscenza della storia e del passato e studio dei mezzi naturali. Non deve essere una conoscenza già determinata, ma da sviluppare. Inoltre la formazione e l’educazione devono rientrare nell’integrazione con gli altri paesi latinoamericani.



Espropriazione delle terre

La parola “espropriazione” dà un senso di violenza e abuso di potere. Non utilizzerei questa parola per quello che accade oggi in Venezuela. Molte imprese muoiono per problemi legati alla concorrenza capitalista del mercato, altre vengono abbandonate dai proprietari per futili motivi o perché non hanno più voglia di lavorare. In questi casi i lavoratori si trovano a perdere il loro unico sostentamento. Il governo allora decide senza alcun abuso di potere di recuperare le imprese e porle sotto gestione collettiva dei lavoratori. Non è quindi una espropriazione, ma un riordino delle proprietà, che da privata diventa collettiva. Questo accade quando fallisce per i motivi suddetti la proprietà privata.

Inoltre c’è una legge che è stata approvata dal popolo con un referendum, che si chiama “legge delle terre, della pesca e dell’agricoltura”. Secondo questa legge le terre dei capitalisti che non vengono utilizzate possono essere di massimo 5000 ettari. Non è possibile possedere terre non produttive. Le terre che dopo questa legge sono state recuperate sono state distribuite ai contadini venezuelani, insieme a materiale tecnologico per la coltivazione e a una possibilità facilitata di credito. Questa secondo noi è la redistribuzione delle terre.


Un altro mondo è possibile

Un altro mondo è possibile quando gli esseri umani si ritengono esseri sociali e capiscono che ci sono differenze tra gli uomini che non sono naturali. La concezione della dipendenza o del dominio di un essere umano sull’altro non è una cosa naturale. Non deve esistere tra gli uomini il concetto che il più forte mangia il più debole. Ogni essere umano deve avere gli stessi diritti e le stesse garanzie.

Ci deve essere quindi una tendenza a ripensare il nostro mondo, e ricostruirlo su nuove e solide basi, che sono quelle dell’uguaglianza, della solidarietà e del mutuo rispetto.

Ho viaggiato in molte parti del mondo quest’anno, e ho potuto ammirare delle meraviglie che il genio umano è riuscito a creare. Ho visto le piramidi, la torre Eiffel, Machu Picchu, il Colosseo. Ma l’uomo deve imparare a sviluppare il suo genio per eliminare la povertà, la fame, e le barriere d’accesso all’educazione, alla salute e al lavoro per tutte le persone. Questi sono ostacoli non naturali che abbiamo prodotto. E se riusciamo a costruire monumenti e meraviglie in ogni parte del pianeta, dobbiamo riuscire anche a dare un nuovo impulso per sconfiggere questi prodotti di disuguaglianza e ingiustizia. Solo così potremo dare all’essere umano un nuovo senso della vita su questa Terra.



Un altro mondo è possibile.

Discrimini Razzisti 30/11/06



Iniziativa sul razzismo promossa dal CSP il 30/11/2006 alla facoltà di Scienze Politiche di Roma Tre

Intervento del Collettivo di Scienze Politiche di Roma3 all'iniziativa:

Introduzione: Definizione: con il termine razzismo si intendono due fenomeni diversi: -in senso proprio: un insieme di teorie che sostengono che la razza umana è in realtà un insieme di razze, biologicamente differenti, e gerarchicamente ineguali; -in senso colloquiale si definisce normalmente razzismo ogni atteggiamento di intolleranza verso gruppi di persone identificabili attraverso la loro cultura, religione, etnia, sesso, sessualità, aspetto fisico o altre caratteristiche. Il Razzismo si rivolge dunque verso il “diverso”, che spesso nella nostra società coincide con l’emarginato e più in generale con le classi subalterne.
· Ruolo sociale del Razzismo: Il pensiero razzista permette alla società di tollerare lo sfruttamento a basso costo della forza lavoro migratoria occultando la reale radice del problema insita nei rapporti di produzione di questa società. Si viene a determinare quindi un meccanismo competitivo tra i lavoratori e sistemi di ricatto occupazionale. Gli immigrati divengono dunque espropriatori di presunti diritti negati alla popolazione autoctona.

1. Migrazione e produzione:

I flussi migratori sono determinati da dinamiche economiche e sociali e come tali sono difficilmente controllabiliNel 1999, l’Unione Europea e i suoi stati membri decisero al summit di Tampere di modernizzare la loro politica della migrazione ponendosi tre obiettivi: (a) contenere l’immigrazione dei richiedenti asilo; (b) combattere l’immigrazione clandestina; (c) aprendo varchi d’accesso alla forza lavoro immigrata.Nascono quindi di lì a poco i Centri di Permanenza Temporanea che svolgono il compito di combattere l’immigrazione clandestina e aprire varchi d’accesso alla forza lavoro immigrata, legando quindi l’immigrazione alle esigenze della produzione.

2. Stato Razzista Italiano:

Una prima connotazione razzista lo stato fascista italiano la assume con la pubblicazione del “Manifesto della Razza”, 15 luglio 1938, firmato da pseudo-scienziati aderenti o simpatizzanti del regime.Nel Settembre 1938 venivano fissati i “Provvedimenti” per la difesa della razza nella scuola fascista e nei confronti degli ebrei stranieri; in Ottobre il Gran Consiglio del Fascismo emetteva una Dichiarazione a riguardo.Tra la fine dell'estate e l'autunno del 1938 furono diversi, quindi, i decreti legge firmati come capo del governo da Benito Mussolini e promulgati dal re Vittorio Emanuele III che legittimavano una visione razzista della questione ebraica anche da parte del fascismo.

L'insieme di questi decreti e dei documenti sopra citati costituisce l'intero corpus delle cosiddette leggi razziali.

· L’imperialismo Razzista: Il pensiero razzista occulta la natura violenta e repressiva dell’imperialismo odierno, giustificando attraverso una presunta superiorità culturale sopraffazioni di popoli come indispensabili addirittura per la loro stessa esistenza se non per la sicurezza dell’intera umanità.

1. Stato Razzista Italiano

La dittatura mussoliniana ha giustificato le esperienze coloniali su di un supporto ideologico razzista per cui era legittimo sopprimere la libertà di popoli “inferiori”.Per anni tuttavia nella cultura italiana si è manifestato il mito auto-assolutorio del “buon italiano” circa l’esperienza coloniale.E’ bene ricordare quindi la ben altra sostanza delle imprese coloniali fasciste.Mussolini utilizzò, infatti, i metodi più crudeli per riconquistare le colonie pre-fasciste e per dare, con l'Etiopia, un impero agli italiani. Non disprezzò l'impiego di aggressivi chimici, i gas vennero infatti impiegati in maniera massiccia e sistematica durante il conflitto italo-etiopico del 1935-36 e nelle successive operazioni di «grande polizia coloniale» e di controguerriglia e non si fece scrupoli a vessare le popolazioni indigene nei modi più atroci, dall'esproprio dei terreni, alla confisca dei beni, al diffuso esercizio del lavoro forzato, fino alla deportazione di intere popolazioni e alla loro segregazione in veri e propri campi di concentramento.

Conclusione: Razzismo come valorizzazione negativa della differenza Il Razzismo “differenzialista” variante molto in uso del Razzismo è la posizione di chi ritiene necessario “difendere/preservare” le differenze culturali dai processi di massificazione ed omogeneizzazione tipici delle società occidentali e per questo, “per il bene delle culture altre”, pensa che le società non debbano in nessun modo essere multiculturali o interculturali.Le differenze e le alterità vanno difese ma, proprio per questo, “ognuno a casa propria”.In sede educativa e sociale il rischio di un velato razzismo differenzialista è reale e tende a concretizzarsi in appositi contenitori sociali dove le culture altre sono si riconosciute ma recintate e conservate.Partendo dall’assunto differenzialista diverse formazioni di destra tentano di convogliare la naturale insofferenza per i meccanismi esclusivi di questa società non verso la stessa bensì verso i più deboli, o meglio verso i diversi.Il nemico del proletario diviene così il sotto-proletario.

Dibattito su Rom e Sinti 30/10/2007

lunedì, gennaio 14, 2008

La Sapienza, inaugurazione degli studenti

venerdì, gennaio 04, 2008

Contro ogni numero chiuso

Quest'anno per la prima volta lo sbarramento tra triennale e specialistica rischia di dare i suoi risultati...
Non tutti i laureati triennali potranno proseguire il loro ciclo formativo con la specialistica nella nostra facoltà.

I posti previsti dal bando per il corso di Relazioni Internazionali sono 240, le prescrizioni sono state 375 di cui 213 laureati tra luglio e marzo 2006, 162 laureandi tra novembre 2006 e marzo 2007, il conto è presto fatto: circa 135 studenti rimarranno fuori.

A regolare questa selezione è stata addirittura creata una "commissione" per redigere la graduatoria definitiva che terrà conto di alcuni parametri: voto di laurea triennale, media dei voti, coerenza del curriculum.

Si rende così inutile il provvedimento che consentiva ai laureati di marzo di accedere ai corsi della specialistica subito dopo la laurea senza perdere un anno accademico (non ci saranno più posti).

L'aumento di spazi derivante dalla costruzione della nuova sede faceva sperare in un'inversione di tendenza riguardo la politica di accesso ai corsi di studio, in realtà tutto questo è stato ancora una volta disatteso.

Anche l'università pubblica diventa così accessibile a una ristretta cerchia di privilegiati: si introducono parametri, si creano sbarramenti, si espellono studenti dai corsi, non rendendosi conto che la spendibilità della triennale è nulla e che senza la laurea specialistica si viene considerati poco più che diplomati.

IL PROSSIMO ESCLUSO POTRESTI ESSERE TU!

Oggetto: Interrogazione Cdf inerente la Mobilità e Numero Chiuso

A) Il bando di studi per l’ A.A. 2005-06 della Facoltà di Scienze Politiche dell’ Università Roma Tre per la laurea di primo livello (3anni) prevede un numero programmato di acceso di 800 studenti così ripartiti: 500 Scienze Politiche + 150 Pubblica Amministrazione + 150 Consulente esperto.

B)La laurea magistrale (2anni) in Politiche Pubbliche prevede un numero chiuso di 100 posti; la laurea magistrale (2anni) in Relazioni Internazionali prevede un numero chiuso variabile da 120 a 200.Il bando per la laurea magistrale (2anni) in Relazioni Internazionali prevede complessivamente un numero di posti variabile “subordinatamente all’esistenza, alla data di inizio del corso di laurea magistrale in Relazioni Internazionali del A.A. 2005/2006, della richiesta copertura di docenza, con riguardo a docenti in servizio a quella data o a posti in organico banditi entro la stessa data”.

C)Nel caso in cui le domande d’iscrizione alla laurea magistrale (2anni) eccedano il numero chiuso è prevista dall’art. 4 del bando la formulazione di una graduatoria rispondente ai seguenti criteri: 1) Voto di laurea 2) Media voti 3) Coerenza laurea magistrale con curriculum triennale.

D)L’accesso senza debiti formativi alle Magistrali è vincolato dalla rispondenza a quote minime formative per ambiti disciplinari.

E)L’art. 6 del Bando Lauree Magistrali dell’ A.A. 2005/2006: “non sarà ammesso al primo anno della laurea magistrale […] il candidato per il quale, sulla base della prescrizione, sia dichiarato un debito formativo totale superiore a 60 c.f.u. […]”. Alla luce di quanto riportato sopra, con riferimento ai punti C-3, D, E, la mobilità formativa, obiettivo cardine della riforma universitaria Zecchino, risulta minata nei suoi tratti essenziali.

Il vincolo della coerenza della laurea magistrale con il curriculum della laurea triennale, impedisce di fatto una piena e completa mobilità non soltanto fra diversi Atenei, non soltanto fra le diverse facoltà all’interno di uno stesso ateneo ma addirittura fra i corsi di laurea all’interno di una stessa facoltà.

La soggettiva assegnazione dei crediti formativi per singola materia fra diverse facoltà e diversi atenei, nell’ambito dell’autonomia didattica, rende disomogeneo il criterio di attribuzione dei debiti formativi nonché ambiguo e discrezionale lo stesso criterio richiamato al punto D.

Oltre ai citati criteri di ammissibilità è previsto un tetto numerico di complessivi 300 posti per i due corsi di laurea magistrale che rendono oltremodo impraticabile la mobilità decantata dalla riforma e impossibile il compimento del ciclo formativo fino ai livelli più alti da parte di tutti e 800 gli studenti iscritti al primo anno di laurea triennale.

Alla luce di quanto riportato, in considerazione dell’art. 34 della Costituzione Italiana, risultano incontrovertibili le contraddizioni tra obiettivi e risultati della riforma Zecchino e chiare le limitazioni del diritto allo studio, poste in essere con l’istituzione del numero chiuso per le lauree specialistiche. Accogliendo gli auspici espressi dal prof. Mazziotta nell’ambito della relazione tenutasi in occasione della conferenza didattica d’ateneo del dicembre 2005, la lista studentesca Co.Scienze Politiche e il Collettivo Scienze Politiche chiede la revisione delle quote di accesso per la laurea magistrale, affinché venga garantito a tutti gli studenti della laurea triennale la possibilità di portare a compimento il proprio percorso formativo con il conseguimento della laurea magistrale.

Il Rappresentante degli Studenti – Co-Scienze Politiche. Collettivo Scienze Politiche

Interrogazione punto ristoro

All’attenzione del Consiglio di Facoltà

p.c. Al Magnifico Rettore Guido Fabiani

Oggetto: Interrogazione relativa al punto ristorazione – CdF 25.05.2006

Ci preme portare all’attenzione dei membri del Consiglio di Facoltà la contraddittoria situazione relativa alla ristorazione all’interno della nuova sede di via Chiabrera. Sulle planimetrie esibite nell’ambito di alcune riunioni della Commissione Spazi dell’autunno scorso il punto ristorazione era individuato nello spazio prospiciente la terrazza del quarto piano dello stabile. Dopo il trasferimento nel nuovo stabile, Marzo ’06, abbiamo appreso per vie informali che la Presidenza e parte della Docenza avversava questa soluzione. Co.Scienze Politiche trova paradossale che la Presidenza si sia adesso schierata contro una soluzione da Essa stessa antecedentemente proposta e constata con rammarico che conseguenza di quanto sopra è l’eliminazione dall’agenda degli impegni della facoltà di una tematica tanto a cuore agli studenti. Verosimilmente non è comunemente percepita la forma di estorsione cui sono sottoposti quotidianamente gli studenti di questa facoltà che, allo stato attuale, sono obbligati ad usufruire degli esercizi alimentari limitrofi la facoltà. Alla luce di quanto detto Co.Scienze Politiche ritiene: Indispensabile individuare in tempi brevissimi, prima della chiusura estiva della Facoltà, una nuovo spazio ove adibire il punto ristorazione. Indispensabile affidare la gestione del punto ristorazione direttamente all’Ente Regionale per il Diritto allo Studio, Laziodisu; premura della Facoltà dovrà quindi essere quella di riproporre la questione nelle sedi opportune d’Ateneo, che a loro volta se ne faranno portavoce al Laziodisu. Indispensabile che il nuovo punto ristorazione, oltre a garantire standard qualitativi alimentari alti, si impegni a mantenere un livello dei prezzi costantemente vantaggioso rispetto agli esercizi alimentari esterni alla Facoltà; il vantaggio economico per coloro i quali usufruiranno della ristorazione interna alla facoltà dovrà essere quantificabile in misura non inferiore al 30% rispetto agli esercizi alimentari esterni. Co.Scienze Politiche rifiuta categoricamente qualsiasi forma di convenzione o agevolazione sui prezzi da stipulare con esercizi esterni alla Facoltà; il punto ristorazione deve essere posizionato all’interno della Facoltà e affidato tassativamente all’Ente Regionale preposto. Co.Scienze Politiche sollecita infine il CdF e la Presidenza a prendere posizione sulla scelta dei prodotti e degli alimenti del punto ristorazione.Cooperazione e Sviluppo sono due temi assai cari a questa Facoltà, sarebbe quindi opportuno adoperarsi affinché i prodotti e gli alimenti del Commercio Equo e Solidale possano trovare spazio nel punto ristorazione, così da sottolineare ancora una volta la particolare sensibilità della Facoltà e di tutte le sue componenti rispetto a queste tematiche così tragicamente d’attualità. Certi della volontà del CdF di venire incontro alle richieste degli studenti, attendiamo riscontro.

Laureati, colti e disperati è l'esercito dei senza lavoro

Solo la metà trova impiego a un anno dalla laurea. E' il peggior risultato dal 1999 a oggi. Nel 2006 hanno guadagnato, in termini reali, meno di 5 anni fa. L'indagine di AlmaLaurea

di FEDERICO PACE

Iperqualificati, con qualche sogno in testa e sempre meno pagati. Destinati a emigrare, pur di evitare la disfatta. I laureati mostrano sul loro volto i segni delle sempre più acute contraddizioni di un intero paese dove il merito e le qualifiche non vanno quasi mai di pari passo con le opportunità e i compensi. Sul loro volto sono sempre più evidenti i segni del disagio provato di fronte a quella porta, quasi sempre socchiusa, che dovrebbe portarli al lavoro e alla maturità.

Quando una ragazza o un ragazzo con in tasca la laurea cerca un posto, pare di vedere un gigante che prova ad entrare attraverso la piccola porticina di una minuscola casa di lillipuziani. Loro sono tanti mentre sembrano sempre più inadeguati i posti di lavoro che il sistema economico e il mondo delle aziende italiane mette a disposizione. Addetti per i call center o cassieri di negozio che siano. Con il paradosso, che a questo punto pare quasi logico, che sono proprio i più preparati, quelli che prendono i voti più alti di tutti a ritrovarsi con il più basso tasso di occupazione. Tanto che a un anno dalla laurea, trovano lavoro solo quattro su dieci di quelli che hanno preso 110 e lode. Con la triste constatazione che nel 2006 un laureato guadagna al mese, in termini reali, meno di quanto percepiva cinque anni fa il fratello maggiore.
Fenomeni conosciuti si dirà, ma il fatto è che quest'anno le cose sono andate ancora peggio. Tanto che per trovare un impiego non è neppure sufficiente aspettare un anno. I dati del triste record dicono che dopo la fatidica laurea, a un anno dal giorno della discussione della tesi, dai festeggiamenti e dai sorrisi e dalle congratulazioni, trova lavoro solo il 45 per cento dei laureati "triennali" (erano il 52 per cento l'anno scorso) e il 52,4 per cento dei laureati pre-riforma, ovvero il dato più basso dal 1999 (vedi tabella). I dati sono quelli della nona indagine sulla "Condizione Occupazionale dei laureati italiani" presentata (vedi la diretta) a Bologna da AlmaLaurea, il consorzio interuniversitario a cui aderiscono 49 università italiane. Ed è forse utile sapere che il convegno prevede per la mattina di sabato (3 marzo) anche una tavola rotonda (la presentazione e la tavola rotonda possono essere seguite in diretta sul sito di Almalaurea) che dibatterà su questi temi e a cui parteciperanno anche Fabio Mussi, il ministro dell'Università, e Cesare Damiano, il ministro del Lavoro, insieme ad Andrea Cammelli, il direttore di Almalaurea, e il presidente Crui Guido Trombetti.

Secondo l'indagine, l'instabilità che caratterizzava già molti degli impieghi degli anni scorsi si è fatta ancora più acuta. Sia per i laureati "triennali" che per quegli ultimi che stanno uscendo dal percorso previsto dal vecchio ordinamento. Solo un giovane su tre che ha conseguito una laurea breve - e ha trovato un impiego - è riuscito a siglare un contratto a tempo indeterminato. L'anno scorso l'impresa era riuscita al 40 per cento di loro. Stessa storia per i giovani che hanno ultimato il percorso di laurea del "vecchio ordinamento", la quota di chi è riuscito ad avere un contratto stabile è scesa al 38,4 per cento. Il lavoro atipico dal 2001 a oggi è cresciuto di ben dieci punti percentuali.

C'è poi lo stipendio. Quel sostegno che dovrebbe permettere alle nuove generazioni di prendere iniziative e decisioni, di mettere su famiglia, di provare a superare la sindrome di Peter Pan. Quel sostegno, è sempre più esile. I giovani laureati del post-riforma si ritrovano in tasca a fine mese solo 969 euro. Meno di quanto non fosse l'anno scorso (vedi tabella). Prendono qualcosa in più i laureati pre-riforma che a fine mese arrivano fino a 1.042 euro. Poco più dell'anno scorso ma, al netto del costo della vita, ancora meno di quanto un neolaureato guadagnava cinque anni fa.

Senza dire che l'Italia vanta il minor numero di laureati che lavora a cinque anni dalla laurea (l'86,4 per cento contro una media europea pari all'89 per cento). Scorrendo i dati dell'indagine di AlmaLaurea si ricava la triste conferma che nel cuore delle nuove generazioni, anche lì dove è opportuno che l'Italia sia più moderna e vicina all'Europa, covano e crescono le stesse antiche contraddizioni e disparità che gravano da tempo infinito sul corpo del malato Italia.

Le donne sono meno favorite rispetto agli uomini, hanno un tasso di occupazione più basso, sono più precarie e guadagnano meno dei loro colleghi uomini (vedi tabella). A un anno dalla laurea lavora il 49,2 per cento delle laureate pre-riforma contro il 57,1 per cento degli uomini. E il gap salariale nel tempo non fa che crescere, tanto che a cinque anni dalla laurea le donne guadagnano un terzo meno di quanto non prendono gli uomini. Quanto alla precarietà a un anno dalla laurea il 52 per cento delle donne ha un contratto atipico contro il 41,5 per cento degli uomini. E la disparità è ancora più acuta per le laureate "triennali", visto che solo il 34 per cento delle donne ha un impiego stabile contro il 48 per cento dei loro colleghi uomini.

Stesso discorso per le disparità territoriali. Nel 2006 sei laureati del Nord su dieci trova lavoro dopo un anno mentre per le regioni del Sud le cifre si fermano al 40 per cento. Ovvero le stesse quote nel lontano 1999. Senza dire che a cinque anni dalla laurea, i giovani del Mezzogiorno prendono 1.167 euro al mese mentre i ragazzi del Nord arrivano a 1.355 euro al mese.

Non c'è da stupirsi se allora molti di loro non si sentono valorizzati per quello che valgono e, seppure a malincuore, decidono di muoversi oltre confine per trovare migliori occasioni. All'estero, lì dove sembrano trovare rifugio e compenso. I laureati italiani che lavorano fuori dai confini nazionali, a cinque anni dalla laurea, arrivano a guadagnare quasi 2 mila euro, ovvero il 50 per cento in più di quanto non accada alla media complessiva dei laureati. Se non si mette mano a questo problema, se non si trova un articolato piano per valorizzare i talenti che escono dalle nostre facoltà, poco si potrà fare per dare slancio al nostro paese.

Aumento Tasse

BENVENUTI NELLA NUOVA TASSAZIONE DELLA MAGNIFICA UNIVERSITÀ ROMA TRE!

Quest’anno le fasce si sono moltiplicate: da 4 sono passate a ben 56.

L’intento di creare una progressività più equa si è scontrato con numerosi ed evidenti problemi:

L’informazione riguardo il cambio di regime di tassazione è stata parziale e inadeguata. Mentre i “grandi eventi” culturali dell’ateneo vengono pubblicizzati massicciamente in tutte le facoltà per avere informazioni sulle tasse è necessario spulciare dettagliatamente il sito della segreteria studenti.

La parziale informazione si unisce ai meccanismi di penalizzazione che, per far cassa, vengono attivati nei confronti di chi non presenta il fatidico modulo ISEEU. Gli sprovveduti contribuiranno con “soli” 1462 euro (56esima fascia).

L’unica voce che è aumentata nel bilancio dell’università riguarda le entrate provenienti dalle tasse degli studenti, inoltre la nuova fasciazione contributiva agevola di poco le prime fasce, mentre penalizza di molto coloro che si trovano nelle fasce intermedie e più alte.

Gli studenti al terzo anno fuori corso, spesso lavoratori e lavoratrici, vengono puniti e quindi tassati di più. Risultano infatti inclusi nella fascia più alta, per non essere stati in linea con i tempi.

È intollerabile la condotta di tutte le rappresentanze studentesche: al Consiglio di Amministrazione tutti i rappresentanti hanno votato a favore del nuovo regime di tassazione senza informare minimamente dei cambiamenti la popolazione studentesca del nostro ateneo.

Nonostante i vertiginosi aumenti Roma Tre rimane fanalino di coda per tutto ciò che riguarda il diritto allo studio. 69 posti letto per 40000 studenti, mense previste e repentinamente bloccate (Lettere), punti ristoro assenti nelle nuove faraoniche facoltà.

LE TASSE AUMENTANO E I SERVIZI DIMINUISCONO.

COSTRUIAMO UN’UNIVERSITA’ PUBBLICA SENZA BARRIERE

PER FARE UN PUNTO DELLA SITUAZIONE E METTERE IN COMUNE PROPOSTE, IDEE E FORZE,

ASSEMBLEA STUDENTESCA DI ATENEO

MARTEDI’ 13 - ORE 15

FACOLTA' DI LETTERE

I tre moschettieri del Rettore

Ecco gli stralci del verbale del Consiglio d’Amministrazione di Roma Tre che ha approvato l’aumento delle tasse: Consiglio di Amministrazione - Seduta del 28.03.2006 Punto all’ordine del giorno 3b Tasse e Contributi Studenti Le reazioni dei valorosi rappresentanti degli studenti alla proposta formulata dal Rettore di aumentare le tasse: Il Consigliere ------- (Azione Universitaria), relativamente alla proposta attinente la nuova formulazione di tasse e contributi studenti, è dell’avviso che con il lavoro intenso espletato al riguardo dalla competente Commissione istruttoria si sia addivenuti ad una definizione della contribuzione studentesca ottimale ed obiettiva. Crede opportuno, al riguardo procedere per tempo ad una capillare informazione anche attraverso servizi specifici. Il Consigliere ------- (Ricomincio dagli Studenti), concordando con le osservazioni in precedenza espresse dal collega studente, ritiene opportuno, oltre che necessario, procedere con giusto anticipo - e pertanto prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina per l’A.A. 2006/07 – alla messa a punto dei relativi meccanismi applicativi. Il Consigliere ------- (Rete Universitaria dei Movimenti) crede che la proposta relativa alla nuova disciplina di tasse e contributi studenti permetta alla Commissione Bilancio, nel breve periodo, di analizzare e studiare le opportune soluzioni anche rispetto alle possibili problematiche che si potrebbero sollevare rispetto alla sua applicazione. Il Consiglio di Amministrazione all’UNANIMITA’ approva la proposta della Commissione Bilancio. [Delibera n. 46-2006/prot. n. 10315 del 30/03/2006] http://oc.uniroma3.it:80/intranet/Consiglio-/Verbali/Verbali-206/28-03-2006/index.asp CHI STRISCIA NON INCIAMPA MAI Collettivi Universitari Roma Tre

I Rettori non li manda a casa nessuno

Ecco come i principi degli atenei riescono a evitare la pensione

di Benedetta P. Pacelli
L'aspirazione per un principe dell'ateneo non potrebbe essere altra che divenire re. E c'e' da dire che i rettori delle universita' italiane ci provano a non andare in pensione e spesso ci riescono. Guido Fabiani, magnifico dell'universita' di Roma Tre dal 1998, nonche' cognato del presidente della repubblica Giorgio Napolitano, rappresenta soltanto l'ultimo caso. Ma evidentemente anche al professore ordinario di politica economica sono sembrati pochi solo nove anni alla guida di un'universita' (la piu' giovane della capitale, fondata nel 1992). Cosi', ha provato in tutti i modi a modificare lo statuto, la carta costituzionale dell'universita', che dovrebbe consentirgli di succedere a se' stesso per la quarta volta.
Un'operazione per la quale Fabiani ha una certa dimestichezza visto che gia' modifico' lo statuto per poter assumere il terzo incarico. Nel panorama delle universita' italiane Fabiani e' in buona compagnia. Grazie all'autonomia di cui godono le universita', basta una modificazione pilotata delle norme e voila: i mandati gia' svolti vengono azzerati e la poltrona resta al suo posto. C'e' chi ha addirittura tagliato il traguardo di 16 anni: e' il caso dell'universita' di Cagliari, il cui rettore Pasquale Mistretta, piu' che settantenne, ha inaugurato lo scorso anno (solo) il suo sesto mandato. C'e' poi il caso dell'universita' di Bologna dove, alla fine degli anni Ottanta, si stabilisce che il rettore possa ricoprire l'incarico conclusi i due mandati. Peccato pero' che nello stesso statuto si prevede che la regola non deve valere per il rettore in carica Fabio Roversi Monaco. Il quale alla fine del terzo mandato si fa prorogare di un altro anno la sua permanenza alla guida dell'ateneo felsineo.
Quindici anni di regno interrotto cui solo ne 2000 e' succeduto Ugo Calzolari. Certo, niente a confronto con la reggenza del magnifico rettore di Brescia, Augusto Preti, in carica dal 1983: per questo lo chiamano "il decano" e il suo nono mandato scadra' nel 2010. Un regno lunghissimo, possibile solo grazie a due mandati extrastatutari, e a due successivi a norma di statuto, a cui nel 1995 e' succeduto un terzo mandato straordinario.
Firenze non e' Brescia, ma anche il magnifico Augusto Marinelli ha ottenuto il suo terzo mandato nel 2006, cambiando anch'egli lo statuto e introducendo una norma transitoria che consente al rettore di essere eletto per la terza volta solo con il 50% piu' uno dei voti.
E la strategia che cerchera' di perseguire anche Fabiani che ha pensato anche a chi gli sta attorno. La modifica, in fatti, non consentirebbe solo all'attuale rettore di ricandidarsi per essere eletto oltre il secondo mandato consecutivo, ma azzererebbe anche le scadenze di altre cariche: presidi, presidenti di corsi di studio e collegi didattici, direttori di dipartimento. I cui titolari gia' al secondo mandato consecutivo possono presentare nuovamente la propria candidatura e proseguire fino alla fine l'iter elettorale semplicemente ottenendo al primo turno un terzo dei voti degli aventi diritto.
Cosi', la mania dei rettori sembra estendersi anche ai presidi di facolta' si considera che invece il limite dei due mandati resta per le altre cariche elettive, tra cui il consiglio d'amministrazione e il senato accademico. Un vero atto di forza arrivato, come tutti gli altri casi all'attenzione del ministro dell'universita' e della ricerca Fabio Mussi che sulla vicenda aveva gia' dichiarato di volerci vedere chiaro e all'attenzione della Conferenza dei rettori delle universita' italiane (Crui). Peccato che proprio l'ex-presidente della Crui Piero Tosi, rettore dell'universita' di Siena, aveva anche lui modificato le norme statutarie per stabilire che il suo mandato come rettore durasse tanto quanto il suo incarico alla Conferenza dei rettori. Le cose sono poi andate diversamente giacche' Tosi ha dato le sue dimissioni per le note vicende che lo hanno visto coinvolto."

Documento dell'occupazione che analizza la situazione universitaria

Le occupazioni e le autogestioni degli spazi, nelle università come nelle scuole, le manifestazioni e le altre espressioni di dissenso prodotte dal movimento studentesco, e dell’istruzione in generale, da quindici anni rispondono a questi ripetuti attacchi al diritto allo studio.Il movimento studentesco è consapevole del rapporto che intercorre tra tali provvedimenti e le politiche economiche neoliberiste: l’asservimento dell’istruzione alle logiche del libero mercato è infatti funzionale alla creazione di masse di lavoratori precari costantemente sotto ricatto da parte del mondo aziendale e industriale. -Breve analisi delle ultime politiche universitarie.doc-

13 novembre occupazione di lazio a.di.s.u roma3

Occupati per una giornata gli uffici di Laziodisu all'università Roma tre

Questa mattina, 13 novembre 2007, i collettivi dell´università Roma Tre hanno
protestato contro la situazione deprecabile in cui versa Roma Tre sul tema del
diritto allo studio convocando assemblee e volantinaggi in tutte le facoltà
dell'ateneo. Le richiesta principale che gli studenti e le studentesse portano
avanti è la costruzione di punti ristoro in ogni facoltà gestiti dall'azienda
regionale Laziodisu, per non lasciare in mano ai privati e ai prezzi di mercato
la ristorazione degli studenti. Per questo i collettivi hanno occupato
simbolicamente gli uffici di Laziodisu richiedendo contestualmente un incontro
col subcommissario prof. Gamaleri. Dopo molte reticenze e con il corredo di
un'indecorosa presenza di ben tre camionette della Polizia, l'incontro è stato
ottenuto nel tardo pomeriggio. Gamaleri si è impegnato a partecipare ad una
assemblea studentesca nelle prossime settimane nella quale saranno chiamati a
parlare, oltre al subcommissario, altri esponenti di Laziodisu, primo fra tutti
il direttore generale Mazzella, l'assessora regionale all'istruzione Silvia
Costa e la direzione amministrativa dell'ateneo Roma Tre. La lotta dei
collettivi non si fermerà fino a quando l'università smetterà di essere un
"ateneo vetrina", che costruisce nuove facoltà e uffici senza occuparsi
minimamente del diritto al cibo, all'alloggio, alle borse di studio e ai
trasporti, diritti che competono agli studenti e alle studentesse che ogni anno
versano somme sempre più ingenti per il finanziamento dell'ateneo attraverso le
tasse universitarie.

Collettivi Universitari Roma3

Dossier punti ristorazione

La situazione relativa la ristorazione nelle facoltà di Scienze Politiche e Economia dell’ateneo di Roma Tre è una problematica su cui nel corso degli ultimi due anni si sono susseguite decisioni e informazioni contraddittorie.In diverse occasioni i rappresentanti di Co.Scienze Politiche unitamente ai Collettivi Universitari di Roma Tre hanno cercato di fare chiarezza circa gli orientamenti dell’ente regionale per il diritto allo studio e dell’ateneo stesso.Cercheremo a questo punto di fornire un quadro esaustivo degli eventi e delle decisioni maturate.Dossier Punti Ristorazione di Scienze Politiche ed Economia.doc

Killing in the name of Alemanno?

Volantino sulle numerose aggressioni fasciste avvenute nei primi mesi del 2006 a Roma a danno di diversi spazi sociali.

Killing in the name of…Alemanno?!

10.1.06: 30 fascisti armati di spranghe e bastoni assaltano il c.s.o.a. forte prenestino

13.1.06: all’uscita del c.s.o.a. la torre tre ragazzi vengono aggrediti

28.1.06: a casal bertone due ragazzi, “pizzicati” a stracciare manifesti, vengono sprangati

22.2.06: nel giorno del ricordo di valerio verbano, un gruppo di 40 neofascisti assalta il c.s.o.a. la torre, incendiando auto e distruggendo finestre

23.2.06: il corteo indetto in risposta all’attentato precedente viene bersagliato con bombe carta e petardi da un gruppetto di “duri e puri”, con il palese consenso delle forze dell’ordine che caricano i manifestanti

Questi sono solo gli ultimi di una serie di episodi di “neosquadrismo” deliberatamente rivolti contro i luoghi dell’autorganizzazione sociale.A questi si sommano innumerevoli aggressioni fisiche e verbali, in luoghi pubblici, verso chiunque è considerato “diverso”. È ormai chiaro come l’escalation di violenza, scientificamente programmata, serva a creare un clima di terrore e panico per la prossima campagna elettorale. Mentre i picchiatori fascisti imperversano nella nostra città, coperti dalle forze dell’ordine, nei salotti buoni e nelle sedi istituzionali, partiti e movimenti neofascisti si alleano con la Casa delle Libertà tentando di “rifarsi il look”, dandosi un’aria da veri democratici.

"NON ESISTONO FASCISTI “PRESENTABILI”

giovedì, gennaio 03, 2008

Interrogazione al Consiglio di Facoltà per la targa Antifascista

Al Consiglio di Facoltà

p.c. Al Magnifico Rettore Guido Fabiani

Oggetto: Interrogazione Cdf 23.03.2006

Con l’approssimarsi delle celebrazioni in occasione del sessantunesimo anniversario della Liberazione Italiana dal Nazi-fascismo la lista studentesca Co.Scienze Politiche ed il Collettivo Scienze Politiche ritengono opportuno sollecitare la Facoltà a promuovere ed organizzare iniziative di sensibilizzazione e approfondimento culturale sul significato di questa ricorrenza.Certi che Essa non sia una ricorrenza di “parte”, ma patrimonio comune dell’intera società civile riteniamo opportuno che a patrocinare l’iniziativa non sia una rappresentanza studentesca bensì la Facoltà e la comunità accademica nella Loro interezza.Contestualmente chiediamo alla Facoltà e all’Ateneo, che per conoscenza riceverà copia della medesima missiva, di mantenere fede agli impegni presi il 22 Aprile 2005 e conseguentemente di affiggere una targa che ribadisca il carattere democratico e antifascista della Facoltà di Scienze Politiche Roma Tre.Riporto di seguito il comunicato stampa rilasciato dal Rettore Fabiani, in occasione dei nefasti episodi d’intimidazione politica occorsi in occasione della scorsa celebrazione della Liberazione, in cui a mezzo stampa veniva promesso dal Magnifico l’affissione “in ogni Facoltà dell'Ateneo di una targa che ribadisca la volontà di praticare e far rispettare all'interno di Roma Tre i valori costituzionali democratici ed antifascisti della Repubblica Italiana”. Certi che il Consiglio di Facoltà, le docenze, il Preside ed il Rettore, non si esimano dall’accogliere una proposta degli studenti in piena sintonia con lo spirito nazionale, attendiamo fiduciosamente risposta

Aggressione fascista a Villa Ada

In questi giorni a Villa Ada si sta svolgendo la manifestazione musicale
"Roma incontra il mondo 2007". L'evento, che si ripete oramai da molti anni, è
patrocinato dal Comune di Roma (Assessorato Politiche Culturali) e
organizzato dall'ARCI (comitato di Roma). Ieri sera, 28 giugno 2007, al concerto
suonava la Banda Bassotti, gruppo musicale con contenuti e pubblico notoriamente "di
sinistra". Al termine del concerto, intorno a mezzanotte e mezzo alcune decine di
fascisti, al grido di "duce duce", hanno aggredito quanti e quante andavano
via dopo la serata, arrivando a lanciare una bomba carta sotto il palco, e
allontanandosi solo davanti alla reazione dei presenti, apparentemente
dileguandosi senza essere notati da "distrattissime" forze dell'ordine che
solo dopo circa mezz'ora giungevano sul posto. Almeno tre persone hanno
riportato contusioni e ferite multiple di arma da taglio, con conseguenze solo per
caso non letali. L' iniziativa è parte dell'Estate Romana, evento di punta della politica culturale dell'amministrazione capitolina (e non è organizzata da un
centro sociale). Ciò ha fatto sì che a questa aggressione venisse dato un
risalto mediatico e politico notevole, a differenza delle molte di matrice
neofascista ad oggi compiute a Roma, specialmente negli ultimi due anni.
Nei giornali, nei tg locali e nazionali ricorre per la prima volta e
inequivocabilmente la definizione di aggressione fascista. Anche la
reazione del sindaco è immediata: già di stamattina le prime dichiarazioni,
connotate da un appello alle forze dell'ordine perché gli aggressori vengano
arrestati. Così anche il presidente delle federazione romana di AN, Gianni Alemanno,
con una carriera di provocatore radicalmente legato alla propria identità
neofascista, è costretto ad una presa di distanza, ma riduce, al tempo
stesso, il fatto a un atto "delinquenziale". Ci preme, come antifascisti e antifasciste, riportare l'attenzione su un contesto politico che abbiamo davanti agli occhi ormai da tempo, un contesto che vede un ritorno alla visibilità del neofascismo nelle sue varie forme, legittimato dalle politiche equidistanti, quando non conniventi, dell'amministrazione romana, che elargisce fondi e apre spazi a sigle come Foro 753 e all'Associazione Fratelli Mattei. Per questo è ingannevole limitare
la questione ad un fatto di ordine pubblico, quando rappresenta invece l'unica
pratica politica di questi neofascisti romani che incitano alle lame,
all'odio razziale, sessista e omofobo. E' dall'assalto di due anni fa al Forte Prenestino, in cui un compagno ha rischiato di perdere la vita, passando per l'omicidio di Renato dopo una festa reggae sulla spiaggia di Focene, che ci ostiniamo a denunciare lo squadrismo fascista rinato in questa città dalla vittoria di Storace alla Regione Lazio e tollerato nei suoi covi e nelle sue iniziative pseudo-culturali anche dalle attuali amministrazioni.
Il dato che oggi ci rimane è che tutti gli assalitori fascisti si sono
potuti dileguare nonostante il tanto osannato intervento delle forze dell'ordine,
mentre due ragazzi sono ancora in stato di fermo e altri due, pur
rilasciati la mattina seguente, mantengono la denuncia a piede libero. Questa decisione da parte di polizia e carabinieri, che oltretutto hanno insultato e provocato proprio chi aveva appena subito l'attacco, segnala la volontà di sminuire
la matrice dell'episodio riducendolo a semplice rissa e rivela dopo Genova, le
cariche all'ospedale San Paolo di Milano contro i compagni di Dax, lo
“smarrimento del verbale” con le ultime dichiarazioni di Renato e la
morte di Federico Aldrovandi la loro ambiguità.
Domani mattina porteremo la nostra solidarietà ai ragazzi tutt'ora
detenuti, in occasione dell'udienza che si terrà alle ore 9:00 al tribunale di
piazzale Clodio.

Assemblea ore 18.00 lunedì 2 luglio al csoa Ex Snia

antifasciste e antifascisti di Roma

Ne' con la vostra guerra, nè con la vostra pace!

La legge finanziaria 2006 stanzia 30 milioni di euro all’anno dal 2006 al 2008 per le spese militari L’Italia mantiene il settimo posto mondiale per le spese in armamenti, che ammontano ad oltre 27miliardi di dollari. L’Italia ricopre l’ultimo posto nella classifica dei donatori OCSE-DAC,essendo stati ulteriormente tagliati gli stanziamenti aggiuntivi per l’aiuto pubblico allo sviluppo, previsti dalla finanziaria. Ecco il contributo del nostro paese alla costruzione dello stato militare,ecco il contributo alla costruzione della cultura della guerra. E la nostra cultura?

·Tagliati il 65% dei fondi per la ricerca applicata· Bloccate le assunzioni negli istituti di ricerca(ma non quelle nelle forze armate)

·Ridotti del 40% i contratti a tempo determinato e delle collaborazione nelle università

·I tagli complessivi al Ministero sono di 1miliardo

·Stanziati 267.5 milioni in meno al fondo dello spettacolo

·Ridotti di 24 milioni i fondi per l’editoria

NE' CON LA VOSTRA GUERRA NE' CON LA VOSTRA PACE! FUORI LE TRUPPE ITALIANE DALL'IRAQ!

NO BUSH NO WAR




ORE 15 TUTT* A PIAZZA ESEDRA

E' arrivata la controguida!

In esclusiva la prime pagine della GPS, la guida per orientarsi nella giungla della burocrazia universitaria...scritta dagli studenti per gli studenti...se già la desideri puoi venire nell'aula studenti al piano terra a prenderne una copia (naturalmente gratis) e magari aggiungere qualche altra dritta...

Contestare e Creare

Lottiamo al fianco di chi è sfruttato, di precari e precarie, di migranti, di chi è vittima della guerra.
Eravamo ai Social Forum di Parigi e di Londra, in piazza contro Bush e l'Europa neo-liberista, con le popolazioni di Scanzano e Acerra, con i ferrotranvieri, con la Palestina e contro la Bossi-Fini, contro le ingerenze Vaticane e al fianco dei migranti e dei senza casa. Siamo stati accanto agli abitanti della Val di Susa per lottare contro un’idea di “progresso” imposta da un capitalismo malato.

Ogni giorno siamo nella nostra facoltà a difendere i diritti degli studenti e delle studentesse e a lottare per un Università veramente partecipata dagli studenti. Abbiamo lottato contro la riforma universitaria del 3+2. Ci siamo riappropriati degli spazi della nostra università occupando la facoltà di Architettura con gli studenti e le studentesse di tutto l’ateneo, durante il movimento contro la riforma Moratti del 2005. Ci battiamo contro ogni numero chiuso e contro tutte le barriere poste alla pubblica istruzione dai governi degli ultimi anni. Lottiamo per costruire una reale università LIBERA, PUBBLICA E DI MASSA. Abbiamo portato in facoltà la Guzzanti e Travaglio contro la censura di Stato, abbiamo parlato di antimafia con G. Impastato e il sindaco Crocetta, abbiamo discusso delle alternative sudamericane al neo-liberismo statunitense con giornalisti e ambasciatori sudamericani…Giorno dopo giorno ribadiamo con forza la nostra totale avversione ad ogni forma di fascismo, razzismo e sessismo sia nella nostra università che per le strade di questa città sempre con Renato nel cuore.

Il collettivo si riunisce ogni giovedì alle 13.30 presso l'aula studenti della Facoltà di Scienze Politche dell'Università di Roma Tre, in Via Chiabrera 199 (Metro B - San Paolo). Per contatti: csp_rm3@inventati.org